“Project Liberty“, come rivelato già a febbraio dal CEO Tim Sweeney, è il nome con cui internamente ad Epic Games si faceva riferimento al piano per aprire una controversia con Google e Apple in merito alle trattenute sulle transazioni effettuate dagli utenti tramite l’app di Fortnite per Android e iOS: insomma, il motivo di scontro che questa estate è esploso nel ban del gioco dall’App Store, e che presto finirà in tribunale, con il primo atto tra la software house e Cupertino fissato per il 3 maggio.
Sweeney aveva dichiarato che la pianificazione di questa battaglia legale fosse durata mesi, ma Apple nelle 500 pagine di documenti che ha appena presentato in vista del processo sostiene – tra le altre cose – che Epic Games abbia cominciato ad organizzarsi con un anticipo ben più largo, e precisamente già dal 2018. D’altra parte, prima di intraprendere un conflitto di queste proporzioni, e di farlo con un colosso come Apple e contestualmente anche con Google, occorre assicurarsi di avere una strategia ben definita che giustifichi lo sforzo e il rischio. Epic Games, secondo Apple, avrebbe intenzione di continuare ad approfittare dei vantaggi dell’App Store senza però versare il tributo a chi ha investito, coltivato e sostenuto l’ecosistema.
LA DIFESA
La difesa di Cupertino sostiene anzitutto che l’App Store, a partire dal suo esordio nel 2008, sia rimasto sostanzialmente invariato nella gestione delle tariffe sulle transazioni in-app: le politiche sono state aggiornate, sì, ma i principi fondanti sono rimasti identici. Per Apple le proprie linee guida costituiscono una garanzia in termini di sicurezza, privacy ed affidabilità, costituendo così un vantaggio rilevante per gli utenti finali.