Ieri FiberCop, la società che ha in pancia la rete secondaria di Telecom Italia e quella in fibra di Flash Fiber, ha emesso il primo vagito. Sì è infatti completato il trasferimento dei pacchetti azionari previsti per il fondo Kkr e per Fastweb. Per chi si fosse perso le puntate precedenti basta sapere che FiberCop è l’erede di Flash Fiber, la joint-venture di Tim e Fastweb che avrebbe dovuto cablare in fibra (FTTH) 29 città entro il 2020. Adesso la sfida è di cablare tutte le aree nere e il 50% di quelle grigie entro il 2025; complessivamente il 76% delle unità immobiliari di queste aree. In pratica presidiare tutte le zone concorrenziali e una parte di quelle con meno appeal sostituendo il rame, del tratto che va dagli armadi agli appartamenti, con la fibra. Come? Sfruttando gli 1,8 miliardi di euro che hanno portato in dote gli americani per finanziare il progetto di sviluppo.
IL PERCORSO
La prima tappa di FiberCop è quella breve e in discesa che prevede l’ok da parte dell’AGCOM – che peraltro ieri ha avviato una consultazione pubblica sul progetto. Il Garante delle comunicazioni, entro 45 giorni, dovrebbe esprimersi positivamente sbloccando il tema dei co-investimenti degli altri operatori, il perimetro d’azione e altri dettagli legati al codice delle comunicazioni UE. Ad ogni modo sono già state suggerite delle correzioni e Tim si è messa al lavoro per adeguarsi.
Fin qui è difficile che vi possano essere colpi di scena. Le criticità potrebbe emergere invece in seno al progetto di fusione con Open Fiber , e quindi Rete Unica, soprattutto in relazione al controllo della possibile newco. Ad ogni modo c’è tempo perché Bruxelles inizierà ad occuparsi dell’argomento solo quando riceverà il papello di tutto il piano: dovrebbe avvenire a breve, ma per una risposta definitiva ci vorrà almeno un anno.