Recensione Libro – La mia prediletta – di Romy Hausmann

Una donna vive una vita non sua…ma quella di un’altra persona

L’esistenza di una donna è da prendere con i guanti per tanti motivi; ma non voglio essere eccessivamente di parte, tanto è vero che molte volte mi ripeto che avrei voluto nascere uomo :-).

Per tutta una serie di motivi, che non stiamo qui a discutere per non correre il rischio di incappare in concetti spesso delicati, la figura femminile ha subito tanti mutamenti che hanno portato a vantaggi e svantaggi.

Essere donna comporta più volte compiere dei sacrifici, ma quando la sola e semplice libertà di vivere viene soppiantata, ne vale davvero la pena? Quanto costa correre quel ‘rischio’?

La mia prediletta

Quello che accade alla protagonista di questo thriller psicologico ha dell’inverosimile: una donna che si ritrova da un giorno all’altro prigioniera di un carceriere malato, che desidera accanto a lui una figura femminile con caratteristiche ben precise e le impone una vita e una famiglia che non le appartiene.

Sì, avete capito bene, una famiglia imposta!!! Ma la storia comincia con il ritrovamento della reclusa nel mezzo di un bosco, accompagnata da una bambina davvero misteriosa: innocentemente la piccola afferma di essere sua figlia e confessa anche che la madre <<ha ucciso per sbaglio papà>>.

Da qui lo scenario che ci viene presentato continua a sorprenderci, poiché la donna ritrovata sembra somigliare tanto a Lena Beck scomparsa quattordici anni prima; ma quando i genitori della ragazza arrivano in ospedale per il riconoscimento, la realtà diventa sconcertante.

La donna ritrovata comincia il racconto della sua detenzione, di come non si distinguesse il giorno dalla notte, delle condizioni precarie in cui viveva l’intera famiglia composta anche da due piccoli bambini, indifesi e plagiati. Per tanto tempo la sua casa è stata una capanna che ora deve essere ritrovata insieme al cadavere dell’uomo che ha creato l’incubo.

La donna ormai libera prova a ricostruire la sua esistenza, che però non ha nulla a che vedere con la vita precedente alla prigionia: i dubbi la assalgono e comincia a dubitare di tutte le persone a lei vicine. Cresce il senso di colpa per quei due figli verso i quali ha tentato di provare quel bene che solo un genitore può sentire e che ora crede di aver abbandonato.

Ma soprattutto la ragazza rapita e ora libera ha sviluppato un sesto senso che non la lascia mai, perché avverte che non è ancora finita…

Le domande si affollano nella mente del lettore: dov’è la capanna della prigionia? Lena è riuscita a scappare? Il suo carnefice è morto davvero?

La narrazione prosegue spedita, in un climax di tensione che talvolta rallenta per poter assorbire gli accaduti. Le personalità dei protagonisti vengono fuori in modo essenziale facendo provare a chi legge una sorta di compassione. Fino alla fine le regole del gioco imposte dal mostro e che ‘a volte la mamma scorda’, sono al centro della routine claustrofobica, terrificante ma allo stesso tempo avvincente creata dalla scrittrice.

Essere la prediletta del proprio uomo è il sogno di ogni ragazza: le sue attenzioni e i suoi occhi sono solo per lei, come una venerazione, il centro del suo esistere; è lei che lo tiene attaccato alla terra e non più la gravità. Oggigiorno però si sentono sempre più tragedie che vedono come protagoniste donne indifese, vittime di un soggiogatore geloso e che a volte si ritrovano anche ad adorare perché plagiate mentalmente: lui riesce a convincerle di essere inferiori a tutto e tutti e quando provano a ribellarsi spesso trovano la morte.

Chi riesce a liberarsi da questo incubo però conduce un’esistenza incerta e totalmente sfiduciata verso la vita e ogni suo aspetto, spesso non guarisce o impiega molto tempo a riprendere in mano le redini e quando questo accade forgia la sua armatura invisibile per proteggersi.

Le guerriera torna per far sentire la propria voce e per fare in modo di essere la nuova prediletta, questa volta non di un uomo ma di se stessa.

Voto: 5/5

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