Il progetto cloud europeo Gaia X, nato su impulso franco-tedesco, ha visto l’adesione dell’Italia con numerose aziende coinvolte.
L’obiettivo è realizzare un’infrastruttura complessa per la gestione dei dati sensibili: un cloud europeo denominato Gaia X.
Garantire che aziende e governi riprendano il controllo dei propri dati.
Consentire a questi ultimi di essere condivisi più facilmente con altre parti, evitando che rimangano collegati esclusivamente a una piattaforma.
È questo l’orizzonte di Gaia-X, un progetto nato con l’obiettivo di costruire il cloud europeo.
Un’infrastruttura complessa che possa contenere e tutelare l’autonomia strategica e il controllo delle informazioni, comprese le più sensibili.
Il programma è ambizioso, e immagina di poter rispondere all’egemonia
sin qui pressoché totale dei giganti tecnologici americani e asiatici, come
Google, Alibaba, Amazon e Microsoft.
Le parole d’ordine attorno alle quali riuscire nell’impresa sono trasparenza,
tracciabilità, affidabilità.
Nato sotto l’impulso di Francia e Germania, il progetto Gaia-X ha presto allargato i suoi confini, coinvolgendo imprese private ed eccellenze tecnologiche di altri
paesi europei, compresa l’Italia.
Concretamente, il lavoro svolto vedrà le sue prime applicazioni nel 2021: sono
stati coinvolti operatori di telecomunicazioni, cloud provider e produttori hardware, attivi in settori eterogenei, dalla difesa all’energia fino alla sicurezza informatica.
Dopo Francia e Germania, è proprio il nostro Paese a vantare il numero di
aziende più coinvolte: sono 29 i soggetti che hanno aderito al programma.
Almaviva, Aruba, ConfindustriDigitale, Enel Global Services, Intesa Sanpaolo, Leonardo, Poste Italiane e Westpole sono alcune delle aziende che al momento hanno offerto il loro contributo a Gaia-X.
Fornendo idee e spunti di riflessione, nonché proponendosi alle imprese italiane ed europee come partner di uno dei maggiori progetti europei di confederazione del cloud e di trasformazione digitale.
L’adesione dell’Italia a Gaia-X è avvenuta nell’ottobre scorso, con una dichiarazione congiunta per lavorare alla Federazione europea del cloud.
Nel documento si fa presente che il gap di investimenti dell’Unione europea per
il cloud – rispetto a USA e Cina – ammonta a 11 miliardi all’anno circa.
Per compensare questo divario, l’UE potrebbe mettere insieme le risorse del programma Digital Europe arrivando così ad investire 10 miliardi di euro.
La portata straordinaria dell’investimento, del resto, è giustificata dal fatto che non
soltanto aziende private, ma anche governi ed enti pubblici di varia natura, compresi ospedali, strutture dedicate alla Difesa e alla ricerca scientifica, stanno facendo sempre più uso della tecnologia e dei servizi cloud.
E se da un alto questo processo comporta numerosi vantaggi – tra i quali l’accessibilità perpetua ai documenti, da qualsiasi luogo, “a portata di
click”, oltre al notevole risparmio di risorse – d’altro canto l’enorme massa
di dati sensibili finisce regolarmente su contenitori regolati da policy non sempre improntate alla trasparenza, o comunque orientati a regole proprie.
È stato stimato che oltre il 90% dei dati occidentali è archiviato nei data center americani.
È questa, dunque, la sfida che l’Europa ha deciso di affrontare ricorrendo
a Gaia X: la centralità dei dati è destinata ancora ad aumentare nel futuro,
con applicazioni che investono anche il ricorso all’Intelligenza artificiale, e
per questo la garanzia di una protezione adeguata è una priorità per tutti: stati, imprese e singoli cittadini.